Il Cancer Policy Forum 2025 chiarisce i diritti conquistati ma anche le disuguaglianze ancora da eliminare.

Oltre 33 mila pazienti oncologici in Italia soffrono di malnutrizione durante le cure. Molti di loro devono acquistare di tasca propria integratori alimentari importanti per la sopravvivenza e, fino a pochi mesi fa, migliaia rischiavano di perdere il posto di lavoro nel corso della malattia.

Sono numeri che mettono in luce l’aspetto più nascosto del percorso oncologico, tra difficoltà territoriali e diritti negati. Ma qualcosa sta cambiando: lo ha mostrato Cancer Policy Forum 2025, svoltosi il 12 novembre alla Camera dei Deputati con la partecipazione di rappresentati istituzionali e 47 associazioni di pazienti.

La legge sul lavoro: dal 2026, 24 mesi di tutela.

«Nel nostro Paese nessun paziente con malattia tumorale potrà mai più essere licenziato», ha dichiarato Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna ODV e coordinatrice del gruppo "La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere". La legge sulla conservazione del posto di lavoro estende a 24 mesi il periodo di comporto, rispetto ai 6 mesi precedenti, e con nuove tutele economiche. «È un traguardo che abbiamo raggiunto grazie a un lavoro costante con l'Intergruppo parlamentare, e che segna una svolta di civiltà».

Anche la nutrizione come terapia.

Un altro importante risultato ottenuto è l’approvazione all’unanimità della mozione sulla nutrizione clinica integrata. «L'alimentazione è sempre più importante, non solo sotto l'aspetto preventivo ma anche terapeutico», ha spiegato Vanessa Cattoi, deputata e coordinatrice dell'Intergruppo parlamentare sul cancro. «Con il sostegno di tutte le forze politiche, abbiamo definito un piano nutrizionale parallelo al piano oncologico, personalizzato e continuativo».

Mancuso ha chiarito l’applicazione reale della misura: «Stiamo lavorando perché in tutte le Regioni vengano garantiti gli integratori ai pazienti che ne hanno bisogno. Oggi molti sono ancora costretti a pagarli di tasca propria». Una disparità che evidenzia le differenze territoriali.

Le sfide ancora da superare

Nonostante siano stati raggiunti dei risultati legislativi importanti, la loro applicazione sul territorio resta disomogenea. Al Forum sono state indicate le prossime priorità: migliorare l’accesso ai test genomici, attuare misure di sostegno per i caregiver, potenziare la prevenzione vaccinale per i pazienti fragili e promuovere una cultura della diagnosi precoce.

«Il nostro obiettivo è costruire una rete politica e scientifica coesa che traduca le evidenze della ricerca in atti legislativi capaci di migliorare la vita quotidiana dei pazienti», ha ribadito Cattoi.

Dal palco, il Ministro della Salute Orazio Schillaci ha sottolineato la centralità della salute come bene comune: «Prevenzione, ricerca, sostegno ai pazienti e alle famiglie: è su queste direttrici che si muove l'azione di governo, insieme al Parlamento e alle associazioni. La salute è il bene più prezioso che abbiamo».

La premiazione della “buona politica”

La settima edizione del Cancer Policy Award (riconoscimento conferito annualmente dal Gruppo di Associazioni pazienti “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere”) ha celebrato chi ha trasformato l’impegno per i pazienti oncologici in azioni concrete. I premi hanno riconosciuto leggi approvate, fondi stanziati e iniziative che hanno cambiato la vita quotidiana di chi affronta un tumore.

Tra i premiati ci sono il Ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti e il Ministro della Salute Orazio Schillaci, insieme a parlamentari e rappresentanti regionali che si sono distinti per l’impegno su prevenzione, nutrizione, diritti dei lavoratori e sostegno ai caregiver.

Per il loro ruolo decisivo nell’approvazione delle recenti misure legislative sono stati conferiti dei premi speciali all’On. Vanessa Cattoi, all’On. Ugo Cappellacci, Presidente XII Commissione Affari sociali alla Camera dei deputati, e al Sen. Francesco Zaffini, Presidente 10° Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato della Repubblica.

Due riconoscimenti alla memoria per Emilia De Biasi, Presidente dodicesima Commissione Igiene e Sanità, Senato della Repubblica 2013-2018, e Jole Santelli, Presidente Regione Calabria 2020, in ricordo di due figure che hanno rappresentato l’unione tra impegno politico ed esperienza personale della malattia.

Verso una sanità più equa

«Il lavoro, la nutrizione, i diritti sociali e la prevenzione non sono temi separati», ha concluso Mancuso. «Fanno parte di un'unica visione di cura che deve essere equa, continua e condivisa. Solo così possiamo parlare davvero di salute come bene da difendere e diritto da promuovere».

Una prospettiva che, come dicono i dati, deve ancora confrontarsi con le criticità del Servizio Sanitario Nazionale.

A cura di Lucrezia Rogai

Foto di National Cancer Institute su Unsplash

Promuovere la salute e il benessere degli ultra65enni, attraverso una forma di invecchiamento attivo e con il rafforzamento del ruolo del Medico di Medicina Generale come primo presidio di prevenzione sul territorio: nasce con questi obiettivi InForma65, il nuovo progetto della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG), presentato presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati su iniziativa dell'On. Luciano Ciocchetti, Vicepresidente della XII Commissione (Affari Sociali) della Camera. Hanno partecipato come testimonial Marcello Guarducci, ex campione di nuoto, oggi 69 anni, e Michele Mirabella, giornalista e divulgatore scientifico, conduttore di Elisir, che hanno condiviso la propria esperienza.

Un percorso di informazione e consapevolezza

Il progetto, che si sviluppa nell'arco di un anno – dal 30 ottobre 2025 al 30 ottobre 2026 – è pensato sulla base di un'aumentata longevità per accompagnare i cittadini che compiono 65 anni in un percorso di informazione, consapevolezza e responsabilità verso la propria salute, con il messaggio guida: "Ogni passo conta: allena cuore, mente e muscoli, scegli il verde a tavola e proteggiti con i vaccini".

A partire da dicembre 2025, tutti i cittadini che raggiungeranno i 65 anni riceveranno dal proprio Medico di Medicina Generale aderente al progetto una comunicazione personalizzata, con un messaggio di augurio e consigli mirati su attività fisica, alimentazione, salute mentale e vaccinazioni raccomandate. Un modo concreto per favorire il dialogo medico-paziente e stimolare l'adozione di comportamenti preventivi calibrati sui bisogni individuali.

Le parole del Presidente SIMG

"L'allungamento dell'aspettativa di vita è una conquista, ma anche una sfida per i sistemi sanitari – ha spiegato Alessandro Rossi, Presidente SIMG – Con InForma65 vogliamo trasformare il traguardo dei 65 anni in un nuovo punto di partenza: fornire strumenti pratici e indicazioni chiare per mantenersi in salute, sostenendo al contempo il medico di famiglia nel suo ruolo di guida e riferimento nella prevenzione primaria e secondaria. La prevenzione non è un'aggiunta alla visita, ma ne è parte integrante. Mettere in mano ai medici strumenti semplici ma efficaci significa migliorare la salute delle persone e la sostenibilità del sistema".

L'attenzione delle istituzioni

"Il progetto InForma65 rappresenta un segnale di attenzione verso un tema centrale come l'invecchiamento attivo – ha evidenziato l'On. Luciano Ciocchetti – Valorizzare la medicina territoriale e il ruolo del medico di famiglia significa investire nella salute delle persone e nella sostenibilità del sistema sanitario. Ogni progetto che mette la prevenzione al centro è un passo concreto verso un Paese più attento e solidale".

Il ruolo del medico di famiglia nella prevenzione attiva

"InForma65 rappresenta uno strumento operativo per rendere la prevenzione parte integrante della visita quotidiana – ha sottolineato Tecla Mastronuzzi, Responsabile SIMG per la Prevenzione – L'obiettivo è offrire ai medici materiali pratici, contenuti evidence-based e modalità innovative di contatto con i propri assistiti. Ogni incontro può diventare un'occasione per promuovere salute e autonomia, in modo semplice e sostenibile. Il progetto si inserisce all'interno di un più ampio piano di lavoro con cui la SIMG guarda al 2026, volto a integrare la prevenzione nella pratica clinica con strumenti digitali, counseling breve, raccomandazioni e formazione continua".

"La prevenzione è una responsabilità collettiva – ha commentato l'On. Ilenia Malavasi, membro della XII Commissione (Affari Sociali) della Camera, che ha preso parte alla conferenza stampa – Iniziative come InForma65 dimostrano che è possibile costruire percorsi di salute condivisi, che uniscono cittadini, medici e istituzioni. Prendersi cura degli over 65 vuol dire garantire dignità, autonomia e qualità della vita a una parte sempre più ampia della popolazione".

La piattaforma online

Elemento centrale del progetto sarà il portale www.informa65.it, una piattaforma aperta a tutti che raccoglie contenuti informativi chiari, pratici e scientificamente validati: guide semplici sulle vaccinazioni raccomandate dopo i 65 anni; consigli su alimentazione, attività fisica, sonno, farmaci e salute mentale; schede pratiche per la prevenzione e per l'adesione agli screening; informazioni sulla rete dei servizi sanitari e sul ruolo del Medico di Medicina Generale.

Il messaggio è semplice ma potente: ogni passo conta, e ogni scelta quotidiana può contribuire a vivere meglio, più a lungo e in salute.

Foto di Vitaly Gariev su Unsplash

Tumore della prostata in crescita nella Regione: oltre 3.000 nuove diagnosi ogni anno

  • Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 40.000 nuovi casi di tumore della prostata, con più di 3.000 nuove diagnosi ogni anno solo nel Lazio.
  • Diagnosi precoce, innovazione terapeutica e sostenibilità al centro del confronto tra esperti e istituzioni per migliorare gli outcome di cura dei pazienti oncologici.

Nel Lazio, ogni anno si registrano oltre 32.000 nuovi casi di tumore e più di 46.000 ricoveri ospedalieri legati a patologie oncologiche, come riportato dal Registro Tumori del Lazio. Numeri che confermano l’impatto crescente del cancro sulla salute pubblica regionale e la necessità di rafforzare strategie di prevenzione, diagnosi precoce e continuità assistenziale, per migliorare la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti.

Questi temi sono stati al centro del tavolo clinico-istituzionale “Oncologia nel Lazio. Diagnosi precoce, innovazione terapeutica e sostenibilità: migliorare gli outcome di cura”, promosso da DiCo Sanità e tenutosi a Roma. L’incontro ha riunito istituzioni regionali, clinici, farmacisti e rappresentanti dei pazienti, con l’obiettivo di favorire l’accesso precoce alla diagnosi e alle cure oncologiche, valorizzare l’appropriatezza prescrittiva e garantire sostenibilità economica e percorsi di cura continuativi.

Particolare attenzione è stata dedicata al tumore della prostata che rappresenta oggi la neoplasia più frequente tra gli uomini in Italia. Secondo i dati dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), ogni anno nel nostro Paese vengono diagnosticati circa 40.000 nuovi casi di tumore alla prostata. Nonostante i tassi di sopravvivenza a cinque anni superino ormai il 90%, il tumore della prostata resta una sfida significativa: ogni anno si registrano oltre 8.200 decessi, e i nuovi casi sono destinati a crescere dell’1% all’anno fino al 2040.

Nel Lazio, ogni anno vengono diagnosticati più di 3.000 nuovi casi di tumore della prostata, pari al 9,4% di tutte le neoplasie della regione. È quanto emerge dal documento ufficiale “PDTA Neoplasia Prostatica” della Regione Lazio (Delibera n. 1273 del 10 luglio 2025, ASL Roma 5).

Fabio Calabrò, Direttore di Oncologia Medica 1 dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRCCS), ha dichiarato: “Le principali innovazioni terapeutiche nel tumore della prostata stanno cambiando la prospettiva clinica dei pazienti, grazie all’introduzione di farmaci a target molecolare e, più di recente, alla medicina di precisione supportata dall’intelligenza artificiale. L’obiettivo è duplice: individuare i soggetti ad alto rischio e personalizzare il trattamento, evitando over-treatment e garantendo appropriatezza prescrittiva.

Questo approccio è indispensabile in un contesto in cui in Italia si registrano oltre mezzo milione di persone con una diagnosi di tumore prostatico.

Parallelamente, la costruzione di reti oncologiche regionali e l’attivazione di piattaforme digitali condivise rendono possibile una gestione realmente multidisciplinare, in cui medici di base, specialisti e centri di riferimento collaborano in modo integrato. Questo modello migliora l’accesso alle cure, la sostenibilità del sistema e la qualità di vita dei pazienti, che possono essere seguiti vicino casa quando la condizione clinica lo consente”.

Il tumore della prostata ha origini multifattoriali, legate a fattori genetici e ambientali. Tra i principali fattori di rischio si annoverano l’età, la storia familiare, le mutazioni genetiche, la sindrome metabolica, l’obesità, lo stile di vita e l’alimentazione, oltre al fumo e al consumo di alcol. In Italia, circa il 27% degli uomini adulti sono fumatori e l’11% presenta obesità, condizioni che possono aumentare l’aggressività della malattia. La familiarità gioca un ruolo significativo: circa un paziente su dieci sviluppa una forma ereditaria della malattia, e tra coloro con carcinoma metastatico il 12% presenta mutazioni ereditarie in geni coinvolti nella riparazione del DNA, in particolare nel gene BRCA2.

Bernardo Maria Cesare Rocco, Direttore U.O.C. Clinica Urologica Policlinico Universitario Agostino Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, ha dichiarato: “Nel tumore della prostata la vera innovazione è saper unire efficacia, appropriatezza e sostenibilità. Lo screening deve essere mirato: rivolto a chi presenta familiarità o rischio genetico, integrando PSA e risonanza magnetica senza contrasto, così da ridurre la mortalità evitando l’over-treatment. È tempo di un modello nazionale, equo, che non lasci differenze tra regioni. La qualità delle cure dipende anche dall’organizzazione: interventi complessi nei centri ad alto volume e una rete che colleghi ospedali, medici di base e specialisti. Solo un lavoro multidisciplinare garantisce decisioni più precise e percorsi più rapidi. Dobbiamo adottare una medicina di misura: dal massimo trattamento tollerato al minimo trattamento efficace. È questa la chiave per offrire cure di valore ai pazienti e un sistema sanitario davvero sostenibile”.

L’innovazione terapeutica e tecnologica rappresenta oggi uno strumento fondamentale per migliorare gli esiti di cura dei pazienti. Allo stesso tempo, l’introduzione di nuove terapie comporta sfide significative: garantire accesso equo, sostenibilità e appropriatezza clinica richiede strategie mirate, programmi di screening capillari e l’uso di strumenti di telemedicina e digital health. Gli esperti hanno sottolineato l’importanza della diagnosi precoce e della collaborazione tra ospedale e territorio, promuovendo modelli organizzativi integrati, approccio multidisciplinare e personalizzazione delle cure.

Fabio De Lillo, Responsabile Coordinamento Attività Strategiche Spesa Farmaceutica, ha sottolineato come la rete oncologica regionale rappresenti un modello integrato che unisce istituzioni, professionisti e mondo scientifico per individuare le strutture di riferimento e implementare i PDTA dedicati alle diverse patologie oncologiche.

In particolare, ha spiegato De Lillo: “È fondamentale che la rete oncologica centrale dialoghi con il territorio. A supporto di questa rete è stata istituita anche una rete delle anatomie patologiche, che consente una valutazione rapida dei casi sospetti di tumore. Un ruolo centrale è svolto inoltre dallo screening oncologico, coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, che permette di intercettare precocemente le formazioni tumorali e di sensibilizzare i cittadini all’importanza della diagnosi preventiva. La rete oncologica, nel suo insieme, opera in modo capillare su tutto il territorio regionale, ma è necessario un crescente coinvolgimento e una maggiore partecipazione da parte dei cittadini”.

In questo contesto, emerge il ruolo centrale del medico di medicina generale, protagonista attivo nel percorso oncologico, anche nell’approccio al tumore della prostata. Primo presidio di salute e punto di prossimità con il cittadino, il medico di medicina generale svolge una funzione strategica in tre direzioni principali: favorire prevenzione e diagnosi precoce, garantire una presa in carico integrata e continua, e contribuire al superamento della frammentazione dei percorsi assistenziali. L’oncologia moderna deve diventare una rete di cura diffusa, in cui il territorio è parte integrante del sistema. Grazie all’uso di strumenti digitali e all’adozione di percorsi condivisi con gli specialisti, il medico di medicina generale diventa un vero e proprio costruttore di percorsi di cura, partecipando alla progettazione dei flussi assistenziali e garantendo equità di accesso e qualità delle cure in ogni fase della malattia.

Come ha dichiarato Walter Marrocco, Responsabile Scientifico della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale): “La medicina generale non è un anello accessorio della rete oncologica, ma il suo punto di partenza e di continuità. Se vogliamo migliorare davvero gli outcome di cura nel Lazio, dobbiamo costruire una rete che parli un linguaggio comune, che metta il paziente al centro e che riconosca nel medico di famiglia il riferimento costante lungo tutto il percorso di malattia e di vita.

È questa la sfida che, come FIMMG, siamo pronti ad affrontare, insieme alle istituzioni, agli specialisti e ai pazienti, per un’oncologia più umana, più integrata e più vicina alle persone”.

Il tavolo clinico-istituzionale ha rilanciato la sfida di una rete oncologica più efficace e vicina ai cittadini, puntando su nuovi programmi di screening, collaborazione con i medici di medicina generale e sinergia tra professionisti per garantire cure tempestive e personalizzate. Tra le priorità emerse figurano anche innovazione, formazione continua e riduzione delle tossicità dei trattamenti, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti e assicurare uguali opportunità di cura in tutto il territorio.

Santhera Pharmaceuticals (SIX: SANN) ha annunciato i risultati positivi di un'analisi dei dati a lungo termine, comprese le prime valutazioni dello studio multicentrico in aperto GUARDIAN, attualmente in corso, che valuta AGAMREE® (vamorolone) in pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne (DMD).

L'analisi a lungo termine ha incluso pazienti mai trattati con corticosteroidi e che hanno iniziato il trattamento con AGAMREE® tra i quattro e i sette anni di età nell'ambito di studi clinici, proseguendo poi attraverso vari programmi di accesso, tra cui lo studio GUARDIAN. Sono stati analizzati i dati di un massimo di 110 pazienti, con un numero di pazienti variabile nell’analisi in base alla disponibilità dei dati. In questa analisi a lungo termine, i pazienti avevano ricevuto AGAMREE® per un massimo di otto anni, con un follow-up mediano di circa cinque anni. La maggior parte dei pazienti ha mantenuto dosi elevate (4-6 mg/kg/giorno) in contesti clinici di real world durante il periodo di osservazione.

I pazienti trattati con AGAMREE® hanno mantenuto la funzione motoria durante il follow-up prolungato, dimostrando un'efficacia duratura misurata in base al tempo di perdita della deambulazione paragonabile a quella dei corticosteroidi standard (p=0,91). Nelle analisi di sottogruppi prestabilite, non sono state osservate differenze rispetto al deflazacort o al prednisone assunti quotidianamente.

È importante sottolineare che i dati continuano a confermare un profilo di sicurezza e tollerabilità differenziato rispetto ai corticosteroidi tradizionali. I pazienti trattati con AGAMREE® hanno registrato un tasso significativamente inferiore di fratture vertebrali (p=0,0061), hanno mantenuto una crescita normale senza il rallentamento osservato con i corticosteroidi standard (p<0,0001) e hanno mostrato un numero inferiore di casi di cataratta rispetto ai pazienti trattati con glucocorticoidi, compresa un'incidenza notevolmente inferiore rispetto ai pazienti trattati con deflazacort (p<0,015). Inoltre, ad oggi, non sono stati osservati casi di glaucoma. In media, le variazioni dell'indice di massa corporea (IMC) o del peso, se rapportate all'altezza, non hanno mostrato differenze e non sono stati osservati nuovi segnali di sicurezza.

I risultati dettagliati saranno presentati in occasione di un importante convegno scientifico internazionale nel primo trimestre del 2026. In linea con la prassi scientifica standard, i dati completi saranno resi pubblici dopo la presentazione alla conferenza, una volta che gli organizzatori avranno completato il processo di revisione e presentazione. Inoltre, nei prossimi tre anni sono previste ulteriori letture dello studio GUARDIAN, incentrate su una serie più ampia di risultati di efficacia e sicurezza, tra cui valutazioni della funzionalità degli arti superiori, dello sviluppo puberale, della salute degli occhi e della funzionalità cardiaca, nonché altri parametri rilevanti.

Dopo aver condiviso i dati con i membri del nostro comitato scientifico direttivo, tutti esperti di rilievo nel campo della DMD, siamo molto incoraggiati dalla loro risposta.

Il Prof. Eugenio Mercuri, Professore di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, ha commentato: “Questi dati forniscono prove importanti del fatto che il trattamento a lungo termine con vamorolone offre un'efficacia duratura, con una sostanziale riduzione del rischio di fratture vertebrali e un miglioramento dell'altezza, in contrasto con quanto osservato con gli steroidi convenzionali”.

Il Prof. Francesco Muntoni, Professore di Neurologia, University College London, ha dichiarato: “Questi dati preliminari sono incoraggianti. In particolare, è rassicurante vedere che i bambini continuano a crescere in altezza senza un impatto apparente sull'efficacia del trattamento. I bambini trattati con altri corticosteroidi spesso subiscono un significativo arresto della crescita, che ha un impatto considerevole sulla loro qualità di vita”.

Il Prof. Craig McDonald, Professore di Medicina Fisica e Riabilitazione e Pediatria presso l'UC Davis, ha aggiunto: “È positivo vedere un'efficacia a lungo termine paragonabile a quella di altri corticosteroidi, e i dati sull'altezza e sulla salute delle ossa sono coerenti con altri studi sul vamorolone. Questi dati mostrano ora chiaramente i benefici di un trattamento precoce e del mantenimento del trattamento a dosi efficaci con vamorolone. È interessante notare che i benefici che osserviamo nella conservazione della funzione muscolare, dell'altezza e di una migliore salute delle ossa possono avere importanti implicazioni anche per i pazienti affetti da DMD più anziani, ad esempio per la funzione degli arti superiori e respiratoria. Attendo con interesse la raccolta dei dati in corso nello studio GUARDIAN”.

Shabir Hasham, Chief Medical Officer di Santhera, ha dichiarato: “Siamo davvero lieti di offrire alla comunità DMD un'opzione terapeutica corticosteroidea in grado di fornire benefici a lungo termine e di ridurre significativamente l'insorgenza di alcuni degli effetti collaterali più debilitanti che spesso portano alla riduzione del dosaggio o alla sospensione del trattamento. Disporre di un trattamento più adatto all'uso a lungo termine diventa ancora più importante ora che nuove terapie per la DMD in combinazione con i corticosteroidi stanno diventando disponibili. Inoltre, lo studio GUARDIAN continuerà a raccogliere importanti dati su efficacia e sicurezza in una più ampia gamma di parametri man mano che i pazienti crescono e continuano il trattamento più a lungo, e non vediamo l'ora di comunicare questi risultati alla comunità clinica che si occupa della distrofia muscolare di Duchenne”.

Informazioni su AGAMREE® (vamorolone)

AGAMREE® è un farmaco innovativo con un meccanismo d'azione basato sul legame con lo stesso recettore dei glucocorticoidi, ma che ne modifica l'attività a valle. Inoltre, non è un substrato per gli enzimi 11-β-idrossisteroide deidrogenasi (11β-HSD) che possono essere responsabili dell'amplificazione locale del farmaco e della tossicità associata ai corticosteroidi nei tessuti locali [2-5]. Questo meccanismo ha dimostrato il potenziale di "dissociare" l'efficacia dai problemi di sicurezza degli steroidi e quindi AGAMREE si posiziona come un farmaco antinfiammatorio dissociativo e un'alternativa ai corticosteroidi esistenti, l'attuale standard di cura nei pazienti pediatrici e adolescenti con DMD [2-5].

Nello studio pivotale VISION-DMD, AGAMREE ha raggiunto l'endpoint primario Time to Stand (TTSTAND) rispetto al placebo (p=0,002) a 24 settimane di trattamento e ha mostrato un buon profilo di sicurezza e tollerabilità [2, 5]. Gli effetti collaterali più comunemente riportati sono stati segni cushingoidi, vomito, aumento di peso e irritabilità. Gli effetti collaterali sono stati generalmente di gravità da lieve a moderata.

I dati attualmente disponibili dimostrano che AGAMREE, a differenza dei corticosteroidi, non ha alcuna restrizione della crescita [6] e nessun effetto negativo sul metabolismo osseo, come dimostrato dai normali marcatori sierici della formazione e del riassorbimento osseo [7].

Questo medicinale è soggetto a monitoraggio aggiuntivo. Ciò consentirà una rapida identificazione di nuove informazioni sulla sicurezza. Gli operatori sanitari sono invitati a segnalare qualsiasi sospetta reazione avversa.

Riferimenti:

[1]     Dang UJ et al. (2024) Neurology 2024;102:e208112. doi.org/10.1212/WNL.0000000000208112. Link.

[2]     Guglieri M et al (2022). JAMA Neurol. 2022;79(10):1005-1014. doi:10.1001/jamaneurol.2022.2480. Link.

[3]     Liu X et al (2020). Proc Natl Acad Sci USA 117:24285-24293

[4]     Heier CR et al (2019). Life Science Alliance DOI: 10.26508

[5]     Ward et al., WMS 2022, FP.27 - Poster 71. Link.

[6]     Hasham et al., MDA 2022 Presentazione poster. Link.

Informazioni su Santhera

Santhera Pharmaceuticals (SIX: SANN) è un'azienda farmaceutica svizzera specializzata nello sviluppo e nella commercializzazione di farmaci innovativi per malattie neuromuscolari rare con elevate esigenze mediche non soddisfatte. L'azienda detiene una licenza esclusiva da ReveraGen per tutte le indicazioni a livello mondiale di AGAMREE® (vamorolone), uno steroide dissociativo con una modalità d'azione innovativa, che è stato studiato in uno studio clinico fondamentale su pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne (DMD) come alternativa ai corticosteroidi standard. AGAMREE® per il trattamento della DMD è approvato negli Stati Uniti dalla Food and Drug Administration (FDA), nell'Unione Europea dalla Commissione Europea (CE), nel Regno Unito dalla Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA), in Cina dalla National Medical Products Administration (NMPA), a Hong Kong dal Department of Health (DoH) e in Canada da Health Canada. Santhera ha concesso in licenza i diritti su AGAMREE® per il Nord America a Catalyst Pharmaceuticals e per la Cina e alcuni paesi del Sud-Est asiatico a Sperogenix Therapeutics. Per ulteriori informazioni, visitare il sito www.santhera.com.

Vamorolone, approvato da EMA ed AIFA per la Duchenne, non è ancora rimborsabile.
Parent Project aps, l’Associazione italiana di riferimento per i genitori e i ragazzi con DMD, ha organizzato un Webinar con un focus su stato dell’arte, evidenze e accesso a vamorolone. In un contesto che ripropone un “ambulatorio virtuale”, famiglie, clinici e stakeholder si confrontano e dialogano sui vari aspetti del nuovo farmaco e sull’iter di accesso in evoluzione. Il Webinar è disponibile gratuitamente su YouTube.

Parent Project rinnova il suo impegno insieme alla comunità scientifica a favore della comunità Duchenne e auspica che il percorso di valutazione e negoziazione di prezzo/rimborso si concluda quanto prima, consentendo la piena disponibilità di vamorolone, al fine di garantire l’accesso a questa terapia innovativa a tutti i pazienti eleggibili.

Vamorolone, farmaco innovativo sviluppato da Santhera, approvato dall’agenzia europea per i farmaci EMA e dall’Agenzia Italiana del Farmaco per il trattamento di pazienti con Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD) di età uguale o superiore a 4 anni, e inserito dall’autorità regolatoria in classe Cnn, ad oggi non è ancora rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale. È in corso la valutazione del dossier di prezzo e rimborso.


In questo scenario in evoluzione, Parent Project aps, l’Associazione italiana di riferimento per pazienti e genitori con figli affetti da Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD), ha realizzato un Webinar dedicato alla patologia con un focus su stato dell’arte, evidenze e accesso a vamorolone. L’incontro, tenutosi lo scorso 2 ottobre sulla piattaforma Zoom, ha riscosso forte gradimento e partecipazione, per il tema trattato e il setting che ha riprodotto un “ambulatorio virtuale” in cui famiglie, pazienti, clinici e stakeholder si confrontano e dialogano sui vari aspetti del nuovo farmaco e sull’iter di accesso in evoluzione. Il Webinar, disponibile gratuitamente su YouTube, è strutturato in una sessione scientifica dedicata a meccanismo d’azione, evidenze cliniche, sicurezza, gestione e accesso di vamorolone, seguita da uno spazio diretto di confronto Q&A che affronta gli aspetti più sensibili nella gestione della DMD dal punto di vista delle famiglie e dei clinici.

«Parent Project aps è un’associazione di genitori e anche di pazienti che in questi ultimi vent’anni sono diventati per fortuna adulti, grazie ai progressi compiuti dalla ricerca e dalla corretta presa in carico. Lo sviluppo di farmaci innovativi come vamorolone è atteso da tutta la comunità Duchenne – dichiara Ezio Magnano, Presidente di Parent Project aps – Fra le numerose attività che portiamo avanti, la presa in carico dei genitori di bambini Duchenne è quella che più di ogni altra rispecchia la nostra mission: offrire supporto psicologico, e non solo, alle famiglie perché una diagnosi di distrofia muscolare di Duchenne sconvolge e travolge l’intero nucleo familiare; l’altra attività principe è mettere in contatto le famiglie tra di loro e con i clinici, al fine di garantire la corretta conoscenza delle terapie in fase di sviluppo e della corretta presa in carico quotidiana. La promozione di Webinar dedicati è lo strumento più idoneo, veloce e semplice per favorire il dialogo, lo scambio di informazioni, i Centri di riferimento, l’aggiornamento sugli studi clinici e l’arrivo di terapie innovative, ma anche per favorire la consapevolezza sulla Duchenne e aiutare le famiglie a gestirla al meglio. Parent Project – sottolinea Magnano – collabora attivamente con tutti gli stakeholders; quindi, anche con le industrie farmaceutiche perché la sinergia è cruciale per sconfiggere la Duchenne. L’introduzione di vamorolone nella pratica clinica potrebbe rappresentare una novità e opzione farmacologica importantissima nella gestione della DMD in quanto potrebbe dimostrare di portare agli stessi risultati, ma migliori nel tempo, degli steroidi già utilizzati e protezione dagli effetti collaterali.

L’inserimento del farmaco in classe Cnn da parte di AIFA è stato un primo passo fondamentale, ma ora vorremmo che fosse completato il più velocemente possibile».

Santhera ha già reso disponibile il farmaco presso alcuni Centri che hanno attivato la procedura burocratica per l’approvvigionamento: NEMO di Milano, NEMO di Ancona, NEMO di Brescia e Policlinico “G.Martino” di Messina; in altri Centri è in progress l’attivazione.
La distrofia muscolare di Duchenne è una grave malattia genetica rara e progressiva legata al cromosoma X e causata da mutazioni nel gene della distrofina, che colpisce 1 su 5.000 individui, quasi esclusivamente maschi, e si manifesta con un progressivo indebolimento e degenerazione dei muscoli scheletrici, respiratori e cardiaci e con un impatto severo sulla qualità e l’aspettativa di vita.
Vamorolone è una nuova molecola che, grazie ad un innovativo meccanismo d’azione, è stata progettata per esplicare un’attività antinfiammatoria efficace pari a quella dei glucocorticoidi di vecchia generazione ma con un profilo di sicurezza più favorevole.


«Vamorolone appartiene alla classe dei corticosteroidi ed è stato sviluppato con l’obiettivo di mantenere l’efficacia antinfiammatoria nella Duchenne, cercando allo stesso tempo di minimizzare gli effetti collaterali riducendo alcune vie di trascrizione genica correlate agli stessi – spiega Luca Bello, Professore Associato di Neurologia presso il Dipartimento di Neuroscienze DNS dell’Università degli Studi di Padova – inoltre, esprime potenziali benefici cardiometabolici. Nel principale studio clinico, Vision-DMD, vamorolone consolida un profilo di efficacia sovrapponibile agli steroidi tradizionali nei principali endpoint funzionali, con plus rilevanti su crescita e salute ossea, in particolare per la densità ossea e le fratture iniziano ad accumularsi dati favorevoli a questo andamento positivo. Certamente, ritardare la rimborsabilità di questo farmaco innovativo potrebbe essere un problema, ma pochi mesi di attesa nell’accesso non rappresentano un problema. Naturalmente auspichiamo come clinici, che vamorolone sia accessibile al più presto in particolare per i pazienti che presentano un rischio elevato di fratture o altre problematiche e hanno una relativa urgenza».

Parent Project aps è un’associazione di pazienti e genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker. Dal 1996 lavora per migliorare il trattamento, la qualità della vita e le prospettive a lungo termine dei bambini e ragazzi affetti dalla patologia attraverso la ricerca, l’educazione, la formazione e la sensibilizzazione. Gli obiettivi di fondo che hanno fatto crescere l’associazione fino ad oggi sono quelli di affiancare e sostenere le famiglie attraverso una rete di Centri Ascolto, promuovere e finanziare la ricerca scientifica e sviluppare un network collaborativo in grado di condividere e diffondere informazioni chiave.

Per informazioni
Parent Project aps - www.parentproject.it
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DIGITALE E UMANO SI INCONTRANO - L'11 e 12 novembre la Stazione Leopolda di Firenze si trasforma nel cuore pulsante del turismo europeo. BTO – Be Travel Onlife torna per la sua diciassettesima edizione con un tema che suona come una sfida: "Cross-Travel". Superare i confini tra digitale e reale, tra tecnologia e ospitalità, costruendo un futuro in cui l'intelligenza artificiale non sostituisce l'uomo ma ne amplifica creatività ed empatia.

Promosso da Regione Toscana e Camera di Commercio di Firenze, l'evento si conferma uno degli osservatori più autorevoli sull'innovazione nel settore. Sul palco sfileranno esperti globali, rappresentanti di istituzioni e colossi del web come Booking.com, Expedia e Trip.com, in un confronto serrato sui temi che stanno ridefinendo il modo di viaggiare.

I NUMERI DELLA CRESCITA

I dati parlano chiaro: secondo l'UN Tourism Barometer, nel primo semestre 2025 l'Europa ha accolto oltre 340 milioni di arrivi internazionali, con una crescita del 4% sul 2024 e del 7% rispetto al pre-pandemia. Ma non è solo questione di numeri. Emergono le destinazioni capaci di governare la transizione digitale e climatica, di creare valore condiviso e attrarre talenti. L'intelligenza artificiale ormai permea ogni fase del viaggio, trasformando il turismo in un laboratorio dell'economia ibrida.

DESTINAZIONI SOSTENIBILI

La sezione Destination, curata da Emma Taveri, mette al centro la sostenibilità ambientale e la rigenerazione urbana. Tra i progetti più innovativi spicca H2iseO – Hydrogen Valley: entro il 2026, 14 treni a idrogeno collegheranno Brescia, Iseo ed Edolo, in un investimento da 400 milioni di euro che lega mobilità sostenibile e sviluppo territoriale.

Dalla Germania arriva l'esempio virtuoso della valle della Ruhr, dove l'Emscher Landscape Park ha trasformato miniere e industrie dismesse in parchi e musei attraverso 120 progetti da 6 miliardi di euro. Un modello di rigenerazione che BTO propone alle destinazioni italiane.

Il turismo di comunità trova voce nei panel "DMOcracy" e "Mete out of the box", che raccontano le esperienze partecipate di Monaco di Baviera, Bolzano e piccoli borghi come Castel del Giudice. Spazio anche allo sport come leva economica, con Milano Cortina 2026 e la maratona di New York: secondo Grand View Research, il turismo sportivo raggiungerà i 2.137 miliardi di dollari entro il 2030.

LA RIVOLUZIONE DELL'AI

La sezione Digital Strategy, guidata da Giulia Eremita e Rodolfo Baggio, affronta l'ecosistema digitale come questione di cultura e fiducia. Un dato fa riflettere: il 59% delle ricerche su Google non genera più click esterni, aprendo l'era dello "zero-click". La visibilità passa dalla quantità alla credibilità dei contenuti.

Rishad Tobaccowala, ex Chief Strategist di Publicis Groupe, discuterà con Jacques Bulchand-Gidumal su come l'intelligenza artificiale non sostituisca il giudizio umano, ma lo costringa a essere più consapevole. L'empatia e il senso critico restano competenze centrali nei team ibridi.

Grande attenzione all'accessibilità digitale, alla luce dell'European Accessibility Act entrato in vigore nel giugno 2025. Secondo uno studio Ommax, le aziende che investono in design inclusivo aumentano del 20% la fidelizzazione e del 15% la reputazione online.

ENOGASTRONOMIA: POTENZIALE INESPRESSO

Il Food & Wine, ideato da Roberta Milano, rivela un potenziale enorme ma ancora inespresso. Il settore cresce a doppia cifra (+17,1% il turismo culinario, +12,7% l'enoturismo), eppure il 65% dei Paesi non ha ancora una strategia nazionale dedicata.

L'Italia vanta 856 prodotti DOP, IGP e STG, ma affronta un grave divario digitale: solo il 22% delle cantine utilizza un CRM e appena l'8% adotta strumenti di intelligenza artificiale. Trip.com presenterà dati esclusivi sul ritorno dei turisti asiatici, sempre più attratti dall'alta ristorazione italiana.

Una nota drammatica arriva dal panel sul cambiamento climatico: entro il 2080, metà del territorio italiano potrebbe diventare inadatto alla viticoltura di qualità. A parlarne saranno Barbara Nappini di Slow Food e Michele Munafò dell'ISPRA.

HOSPITALITY E DECARBONIZZAZIONE

L'ospitalità torna protagonista con il programma curato da Nicola Zoppi. Guido Martinetti, fondatore di Grom e oggi alla guida di Le Marne Relais, aprirà la sezione riflettendo sull'autenticità dell'accoglienza.

Il Global Hotel Decarbonisation Report 2024 indica una strada chiara: il settore alberghiero può ridurre del 66% le emissioni entro il 2030. Gli hotel perdono fino al 15% del cibo acquistato, ma tecnologie basate su sensori e visione artificiale possono dimezzare gli sprechi.

Sul fronte occupazionale, il WTTC stima che nel 2025 il turismo supererà i 330 milioni di occupati, ma la carenza di personale impone un nuovo modello di leadership empatica. Alexander Kjerulf e Sandro Formica porteranno la prospettiva della felicità al lavoro come leva di produttività.

PREMI E LEADERSHIP FEMMINILE

Tornano gli Italy Ambassador Awards, giunti alla quarta edizione, che celebrano i content creator italiani e internazionali impegnati nella promozione del patrimonio nazionale, con particolare attenzione all'accessibilità e all'inclusione.

BTO Women, il format ideato da Clara Svanera, dedica tre talk alla leadership femminile nel turismo. Tra le protagoniste la chef greca Jota Koufatdaki, la Console del Messico María de los Ángeles Arriola Aguirre, Veronica Berti Bocelli dell'Andrea Bocelli Foundation e Maria Manetti Shrem, ambasciatrice culturale tra Italia e Stati Uniti.

PARTNER E VISIONI FUTURE

Tra i main sponsor, Turespaña presenta la Rete delle Destinazioni Turistiche Intelligenti, mentre l'Università di Cagliari illustra tre progetti dedicati al geoturismo, al turismo delle radici e alla biodiversità. The Data Appeal Company propone quattro ore intensive sotto il titolo "An Invitation to Chart the Uncharted", un viaggio nell'evoluzione del turismo guidato dai dati.

BTO 2025 si configura così come l'appuntamento imperdibile per chi vuole comprendere dove sta andando il turismo: un settore in cui tecnologia e umanità, profitto e sostenibilità, innovazione e tradizione non sono più alternative ma facce della stessa medaglia.

www.bto.travel

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I principali dati emersi dalla seconda edizione della campagna “Cuore in farmacia”, iniziativa di promozione della salute nell’ambito della medicina di genere realizzata da Cittadinanzattiva in collaborazione con Federfarma

Sulla base di 30 parametri presi in considerazione, tra misurazioni, patologie pregresse e stili di vita, è emerso che il 90% delle donne presenta almeno un fattore di rischio cardiovascolare. Il 37,4% delle donne (più di 4 su 10) presenta anomalie all’esame dell’elettrocardiogramma (ECG), soprattutto legate al ritmo cardiaco (50%) e alla conduzione intraventricolare (41,2%). Tra le 804 donne con anomalie ECG, il 23,6% è in sovrappeso e il 13,2% in condizione di obesità. I dati che riguardano l’analisi del profilo lipidico (colesterolo totale, lipoproteine ad alta densità - HDL, lipoproteine a bassa densità - LDL, trigliceridi), invece, mostrano aspetti incoraggianti (HDL protettivo nell’86,9% dei casi e trigliceridi nella norma nel 76,1%), ma evidenziano criticità per l’LDL: solo il 44,7% delle donne ha valori inferiori a 100 mg/dl. Al quadro rilevato si aggiungono fattori di rischio quali sedentarietà (57,2%), fumo (31,8%) e ipercolesterolemia pregressa (28,2%). Particolarmente allarmante il dato relativo alle donne già diagnosticate e in trattamento antipertensivo: quasi 3 su 10 (29,3%) mostrano valori pressori ancora alti, segnale di possibili problemi di aderenza terapeutica o di efficacia del trattamento. 

Sono questi i principali dati emersi dalla seconda edizione della campagna “Cuore in farmacia”, iniziativa di promozione della salute nell’ambito della medicina di genere realizzata, dal 9 giugno all’11 luglio 2025, da Cittadinanzattiva in collaborazione con Federfarma. Tutti i risultati, le conclusioni e le proposte sono contenuti nel Report pubblicato oggi e disponibile a questo link. All’iniziativa hanno aderito 234 farmacie associate a Federfarma, distribuite in sei Regioni (Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Puglia). Coinvolte 2.328 donne tra i 40 e i 60 anni, fascia particolarmente a rischio, attraverso un percorso di prevenzione cardiovascolare gratuito con: misurazione di pressione arteriosa, peso, altezza e circonferenza vita; compilazione di un questionario indicizzato basato su 30 parametri; esecuzione di un elettrocardiogramma (ECG) con referto in tempo reale tramite telemedicina; analisi del profilo lipidico (colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi).

“La campagna – dichiara Francesca Moccia, Vice Segretaria Generale di Cittadinanzattiva - conferma che una parte significativa della popolazione femminile convive con fattori di rischio multipli rispetto al rischio cardiovascolare, infatti oltre un quarto delle partecipanti presenta tre o più criticità concomitanti. Allo stesso tempo, i dati positivi rilevati (stili di vita corretti, valori protettivi di HDL, pressione nella norma nella maggioranza dei casi) mostrano come la prevenzione funzioni, se sostenuta da informazione, screening accessibili e monitoraggio costante. La campagna “Cuore in farmacia”, inoltre, ha il pregio di mettere in evidenza il ruolo delle farmacie di comunità come presidi di prossimità, capaci di intercettare bisogni sommersi e favorire l’accesso a percorsi di prevenzione di genere. L’esperienza, nel suo complesso, rappresenta un modello virtuoso e replicabile, che rafforza il contributo italiano al nascente Piano europeo per la salute cardiovascolare.”

Questa campagna consolida la collaborazione tra la rete delle farmacie e Cittadinanzattiva valorizzando il ruolo della farmacia dei servizi nella prevenzione sul territorio. La farmacia è il presidio sanitario più vicino al cittadino, soprattutto nei piccoli centri, dove accedere ai servizi sanitari è più difficoltoso. Grazie alla telemedicina in farmacia e alla sinergia tra farmacisti, medici e rappresentanze dei cittadini, la prevenzione e gli screening sono veramente a portata di tutti” afferma Marco Cossolo, presidente di Federfarma nazionale. “L’iniziativa Cuore in farmacia ha inoltre un importante valore aggiunto: quello di adottare l’approccio della medicina di genere, promuovendo la prevenzione a favore delle donne, che vengono in farmacia per le esigenze di salute di tutta la famiglia, spesso trascurando le proprie. Aderendo a questa campagna le farmacie hanno voluto contribuire quindi all’equità di accesso – territoriale e di genere – a prestazioni sanitarie fondamentali per la tutela della salute”.

Il report pubblicato oggi contiene anche alcune proposte. Alle Istituzioni si chiede innanzitutto di rafforzare le iniziative di prevenzione delle malattie cardiovascolari, in particolare tra le donne, data la loro vulnerabilità specifica, promuovendo campagne di sensibilizzazione pubblica sui fattori di rischio; inoltre è necessario creare le precondizioni per una maggiore collaborazione multi-professionale, a partire dalla messa a regime del Fascicolo Sanitario Elettronico. Alla rete delle farmacie è diretta la richiesta di ampliare la disponibilità di servizi di telemedicina, soprattutto nelle aree interne del paese per rendere gli screening più accessibili e tempestivi. Alle organizzazioni civiche e dei pazienti si raccomanda di promuovere una maggiore consapevolezza sulle malattie cardiovascolari tra le donne, attraverso programmi di educazione sanitaria e partnership con le farmacie locali. Infine, ai cittadini il consiglio di cogliere le opportunità di screening offerte, di adottare corretti stili di vita, di avere consapevolezza dei propri fattori di rischio e di aderire alle terapie prescritte.

Nel mese della prevenzione del tumore al seno, la politica, la medicina e le associazioni di pazienti si uniscono per promuovere nutrizione clinica, Breast Unit e cultura della diagnosi precoce

Due mozioni che puntano a migliorare la presa in carico dei pazienti oncologici e onco-ematologici: una sulla nutrizione clinica integrata e una sull'adozione omogenea del modello multidisciplinare delle Breast Unit. È questa l’iniziativa presentata il 29 ottobre 2025, alla Camera dei Deputati, dall'Intergruppo Parlamentare "Insieme per un impegno contro il cancro".

La prima mozione evidenzia l’importanza dell’alimentazione, chiedendo che la valutazione e il supporto nutrizionale diventino parte integrante dei PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenza) oncologici, dalla diagnosi al follow-up. Si chiede di definire screening nutrizionali approvati e interventi personalizzati, con l'inserimento di dietisti e nutrizionisti nell’equipe medica. Particolare attenzione è stata dedicata al monitoraggio reale delle diete ospedaliere, spesso non rispettate nonostante le linee guida.

La seconda mozione promuove l’adozione omogenea del modello delle Breast Unit sul territorio nazionale, con il coinvolgimento delle associazioni di pazienti nel monitoraggio e PDTA condivisi anche per la fase metastatica. L'obiettivo è garantire che AGENAS valuti non solo l’esistenza dei centri, ma anche il loro funzionamento reale e l’impatto per i pazienti.

«Siamo particolarmente soddisfatti per l’approdo in Aula della mozione sull’alimentazione, che riconosce finalmente questo tema come prioritario – ha dichiarato Vanessa Cattoi, Deputata e coordinatrice dell’Intergruppo –. Lo screening nutrizionale previene e corregge la malnutrizione fin dalla diagnosi, migliora la tolleranza alle terapie e garantisce una migliore qualità della vita».

La Deputata ha presentato le azioni chiave della mozione, volte anche a ridurre complicanze e costi per il Servizio Sanitario Nazionale: protocolli per valutare il supporto nutrizionale in parallelo al percorso oncologico, l'inserimento di nutrizionisti nei PDTA e campagne di sensibilizzazione sui corretti stili alimentari, oltre al fornimento delle giuste diete ospedaliere.

A sostenerla, Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna ODV e coordinatrice del Gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere", che riunisce 47 associazioni di pazienti: «Queste mozioni standardizzano ciò che davvero fa la differenza: nutrizione clinica integrata fin dalla diagnosi e Breast Unit multidisciplinari operative, monitorate per risultati e non solo per adempimenti formali. Sono passi necessari per garantire equità e qualità di vita ai pazienti oncologici di tutte le Regioni».

Durante la conferenza è intervenuto anche Paolo Tralongo, presidente del CIPOMO, (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri), che, oltre a parlare di dimensione clinica, ha toccando temi culturali e sociali della prevenzione. Studi mostrano che, se diagnosticato al primo stadio, il tumore al seno ha una probabilità di guarigione superiore al 95%. «Informare i cittadini su questo significa far capire che la prevenzione è un investimento altamente vantaggioso: anche un’azione minima può massimizzare la possibilità di guarigione» ha spiegato l’oncologo, che poi ha concluso sottolineando il ruolo dell’alimentazione e dell’attività fisica come strumenti terapeutici, capaci di ridurre il rischio di recidiva fino al 40%, tanto che l’attività fisica può essere considerata quasi una prescrizione di cura.

Nel corso della giornata, esponenti di diversi schieramenti politici hanno ribadito l'importanza di un impegno condiviso. Ilenia Malavasi, del Partito Democratico, ha sottolineato come nella Legge di Bilancio sia stato ottenuto l'ampliamento degli screening per il tumore al seno, «un segnale molto importante perché l'inizio di queste patologie è sempre più precoce». Anche Andrea Quartini, del Movimento 5 Stelle, ha evidenziato come il lavoro dell'Intergruppo rappresenti «la capacità del sistema di realizzare percorsi omogenei su tutto il territorio nazionale riducendo le disuguaglianze territoriali».

Durante il Mese Rosa, l'evento ha assunto un valore ancora più forte: ricordare che la diagnosi precoce salva la vita, ma solo se supportata da una rete sanitaria efficiente, una cultura della prevenzione e un sistema politico in grado di ascoltare.

A cura di Lucrezia Rogai

Foto di Bermix Studio su Unsplash

La proposta di SIMDO sarà presentata il 6 novembre alla Commissione Camera-Senato

Garantire l’accesso gratuito ai nuovi farmaci anti-obesità e anti-diabete per le persone in difficoltà economica. È questo l’obiettivo della proposta che, come annunciato in occasione del XXIV Congresso Nazionale, in corso a Vibo Valentia, SIMDO (Società Italiana Metabolismo Diabete Obesità) presenterà il 6 novembre alla Commissione congiunta Camera-Senato sull’obesità e le malattie croniche.

«Questi farmaci possono salvare vite, ma spesso sono un lusso che molti non possono permettersi», dichiara il dottor Vincenzo Provenzano, Past President SIMDO e aggiunge: «Le persone più colpite da obesità e diabete sono proprio quelle con minori risorse economiche: è un’ingiustizia sanitaria che va corretta».

IL PARADOSSO: MENO TUTELE PER LE FASCE PIÙ A RISCHIO

L’obesità riguarda oltre sei milioni di italiani, e se un terzo dei bambini italiani è obeso o in sovrappeso, la percentuale sale al 43% nella popolazione adulta. «Per la prima volta con i nuovi farmaci, il diabete può regredire fino alla guarigione», spiega il dottor Giuseppe Crispino, Presidente del Congresso. «Ma oggi sono accessibili solo a chi può pagarli, nonostante la maggiore incidenza di diabete e obesità si registri nella fascia con reddito basso. Serve una svolta».

LA PROPOSTA SIMDO: ACCESSO MIRATO E SOSTENIBILE

SIMDO propone una rimborsabilità selettiva, destinata ai pazienti più fragili e a rischio elevato di:

  • Malattie cardiovascolari gravi
  • Scompenso cardiaco avanzato
  • Patologie respiratorie croniche
  • Malattie oncologiche in fase avanzata

«In questi casi – spiega il dottor Giancarlo Tonolo, Presidente Nazionale SIMDO – chiediamo che i farmaci anti-obesità siano forniti in esenzione ai pazienti affetti da diabete di tipo 1, come già accade per il diabete di tipo 2. Il Servizio Sanitario Nazionale non copre questi farmaci: si acquistano con ricetta bianca, a spese del paziente. È urgente rivedere le regole di rimborso».

MEDICINA SU MISURA: UNA DIABETOLOGIA DI GENERE

«Molti farmaci vengono testati solo su uomini o su donne in menopausa, senza prendere in considerazione le differenze biologiche e ormonali. Dobbiamo personalizzare i trattamenti in base a sesso, genere ed età: è una necessità clinica di grandissima importanza», sottolinea Tonolo, affrontando un altro dei temi per cui la Società si batte. «La Società sta conducendo importanti studi sulle differenze di genere nel trattamento del diabete, c’è bisogno di una diabetologia di genere».

Le sessioni congressuali dedicate alla medicina di genere hanno analizzato in profondità le differenze nella risposta terapeutica di pazienti con diabete e obesità. L’obiettivo è quello di delineare protocolli più efficaci, inclusivi e aderenti alle reali caratteristiche biologiche e cliniche di ogni paziente, tanto dal punto di vista terapeutico che da quello assistenziale. Tatiana Lai, figura di riferimento nell'ambito infermieristico presente al Congresso, evidenzia l'importanza di un approccio sempre più personalizzato: «La medicina di genere, una medicina sartoriale, è ormai diventata l'essenza della nostra professione, per questo l’infermiere deve accompagnare ogni persona nel proprio percorso terapeutico con attenzione alle specificità di genere, età e condizione clinica»

VERSO LA DEMOCRATIZZAZIONE DELLE CURE

«Il nostro obiettivo – conclude Provenzano – è democratizzare l’accesso alle cure. Prendersi cura significa ascoltare i bisogni delle persone e tradurli in azioni concrete, coinvolgendo la politica e le istituzioni».

SIMDO riunisce medici, infermieri, psicologi, pedagogisti e dietisti: un approccio multidisciplinare volto a migliorare a tutto tondo la vita dei pazienti affetti da malattie metaboliche.

DDL PELLA: RISULTATO STORICO MA SERVE RISCONTRO TANGIBILE

Dal 1° ottobre 2025, con la Legge Pella, l’Italia è il primo Paese al mondo a riconoscere l’obesità come come malattia cronica. «Un risultato storico – afferma Tonolo – ma ora bisogna inserire la patologia nei LEA per garantire a tutti diagnosi e terapie gratuite. L’obesità è la porta d’ingresso di ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari e cancro: investire nella prevenzione significa risparmiare vite e risorse».

ANDeA Associazione Nazionale Dermatite Atopica OdV lancia una raccolta firme nazionale sul sito www.andea.it per chiedere il riconoscimento della patologia come malattia cronica invalidante e adeguate tutele sociali ed economiche per migliorare la qualità della vita dei pazienti.

Un Manifesto stilato da ANDeA segnala in 6 punti le istanze prioritarie fino ad oggi disattese.

La dermatite atopica è la più comune malattia infiammatoria cutanea nel mondo, con numeri
in aumento; l’Italia è tra i Paesi europei con la maggiore prevalenza, con una stima di circa
3 milioni di persone che ci convivono. Mancato riconoscimento come malattia cronica invalidante, fondamentale per il suo inserimento nel Piano Cronicità e nei LEA; forte frammentazione della presa in carico, con importanti ritardi della diagnosi; accesso non equo alle terapie innovative
ed elevati costi socio-sanitari: sono le principali criticità della patologia, che genera una spesa annua di oltre 20 miliardi di euro e, oltre a stravolgere la vita dei pazienti a causa del prurito severo e incessante, è gravata da un importante vuoto legislativo che va colmato.

È tempo di un cambio di direzione per la dermatite atopica, malattia infiammatoria cronica che riguarda milioni di persone, dall’infanzia all’età adulta, con un impatto fortemente negativo sulla salute fisica e psicologica a causa del prurito severo e incessante che la caratterizza. Oggi decine di migliaia sono le persone che in Italia convivono con la dermatite atopica senza un reale riconoscimento e senza tutele sul piano sanitario, sociale ed economico.

Per dare visibilità alla patologia, diffondere informazione, ma soprattutto per riportare all’attenzione del Governo i temi più urgenti legati alla malattia, questo pomeriggio a Montecitorio si è tenuto l’Evento istituzionale Dermatite atopica: i pazienti chiedono riconoscimento e tutele, promosso su iniziativa dell’On. Ilenia Malavasi.

Nel corso dell’Evento, ANDeA - Associazione Nazionale Dermatite Atopica OdV–alla presenza di ADOI - Associazione Dermatologi-Venereologi Ospedalieri Italiani e della Sanità Pubblica, SIDAPA - Società Italiana di Dermatologia Allergologica e Ambientale e SIDeMaST - Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse –ha lanciato per la prima volta una call to action di raccolta firme nazionale rivolta ai cittadini, che potranno aderire alla chiamata sul sito www.andea.it. I pazienti chiedono alle Istituzioni e al Legislatore il riconoscimento ufficiale della patologia come malattia cronica invalidante, passaggio essenziale per il suo inserimento nel Piano Nazionale delle Cronicità (PNC) e all’interno dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), e adeguate tutele sanitarie, sociali e finanziarie per un effettivo miglioramento della qualità di vita dei pazienti con un più equo accesso a prestazioni e terapie innovative.

«Nonostante sia riconosciuta come malattia infiammatoria cronica della pelle, la dermatite atopica non è inserita nel Piano Nazionale Cronicità né nei LEA: questo sarebbe un obiettivo fondamentale in quanto l’inclusione è indispensabile per omogeneizzare la presa in carico dei pazienti, uniformare i piani terapeutici e migliorare il percorso diagnostico sul territorio nazionale – afferma l’On. Ilenia Malavasi, Deputata, Membro XII Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati –
Ho depositato per questo un’interrogazione al Ministro della Salute, con l’obiettivo di spingere il più possibile l’iter di inclusione. Garantire equità di accesso e adeguata copertura economica è fondamentale per i pazienti e si può raggiungere con l’inclusione nei LEA per supportare economicamente l’acquisto di farmaci e prestazioni, ma si rende necessario anche lo stanziamento di adeguate risorse economiche che non siano destinate solo ai farmaci».

Mancato riconoscimento ufficiale come malattia cronica recidivante; forte frammentazione dello scenario assistenziale, in particolare della presa in carico con inevitabili e gravi ritardi della diagnosi; accesso non equo alle terapie innovative: sono le principali criticità della dermatite atopica che, oltre a stravolgere la vita delle persone a causa del prurito severo e incessante, è gravata da un importante vuoto legislativo che va colmato senza ulteriori rinvii.

«L’evento di oggi nasce da un intento e da un sentire comuni a tutti i pazienti: la necessità di vedere riconosciuta la dermatite atopica a livello istituzionale e legislativo come malattia che incide in maniera pesante sulla quotidianità e sulla qualità della vita, ma che ancora non viene riconosciuta invalidante, come è – dichiara Mario Coccioli, Presidente ANDeA - Associazione Nazionale Dermatite Atopica OdV – L’esigenza di un evento portato all’attenzione delle maggiori Istituzioni di governo è frutto di un lungo percorso e di ascolto delle storie e dei bisogni dei pazienti. La svolta è arrivata durante un incontro con l’On. Ilenia Malavasi, alla quale vanno i nostri sinceri ringraziamenti per la sensibilità mostrata e l’aiuto che si è concretizzato attraverso un impegno costante che ci ha portato dove siamo oggi. Il primo passo è stata la decisione di una call action di raccolta firme, preceduta dalla stesura di un Manifesto che contiene le principali istanze dei pazienti. L’iniziativa è segnalata sul sito dell’Associazione (www.andea.it) e durerà almeno sei mesi, con un monitoraggio sull’adesione dei cittadini in itinere».

Si stima che in Italia convivano con la dermatite atopica circa 3 milioni di persone. Enorme il peso sociale che la malattia comporta: oltre il 50% dei pazienti lamenta una compromissione della qualità della vita, mentre quasi due pazienti su tre la considerano un ostacolo significativo allo svolgimento delle attività quotidiane; un paziente con dermatite atopica moderata-grave perde in media 9 giorni lavorativi all’anno con una riduzione di produttività per ulteriori 21 giorni; rilevante lo stigma sociale che spesso accompagna i pazienti.

«Un recente studio italiano ha stimato un costo medio annuo per paziente intorno ai 7.000 euro,
di cui circa 3.000 a carico del Servizio Sanitario Nazionale, 2.000 come spesa diretta sostenuta dal paziente (
out-of-pocket) e altri 2.000 legati alla perdita di produttività – spiega Matteo Scortichini, Statistico presso il CEIS- EEHTA, Facoltà di Economia, Università di Roma ‘Tor Vergata’ –
Una nostra analisi, focalizzata su pazienti con forme moderate o severe, ha evidenziato un costo medio di oltre 4.000 euro annui a persona, di cui più del 60% riconducibili alla perdita produttiva del paziente e/o del caregiver. In sintesi, da questi dati si può stimare che la dermatite atopica generi ogni anno in Italia una spesa pari a 20 miliardi di euro, la metà a carico del SSN. Introdurre terapie innovative ed efficaci non solo significherebbe migliorare la salute e la qualità di vita dei pazienti,
ma anche ridurre sensibilmente i costi, con un conseguente risparmio per lo Stato».

Fino al 2017, anno in cui si è costituita ANDeA, le persone con dermatite atopica, soprattutto
i pazienti con forme severe che necessitano di trattamento sistemico, avevano a disposizione solo ciclosporina e cortisone, scarsamente efficaci e gravati da effetti collaterali.

«In questi ultimi anni, anche grazie al supporto di ANDeA alla ricerca medica, le cose hanno iniziato a cambiare e oggi sono disponibili numerosi farmaci, alcuni innovativi e molto efficaci e sicuri – commenta Mario Picozza, Consigliere ANDeA e Delegato rapporti con la comunità scientifica, Presidente Federasma e Allergie OdV – La nostra Associazione sin dai suoi primi passi si è attivata per essere al fianco dei pazienti e delle famiglie e per supportare fattivamente la ricerca, partecipando anche a molti studi osservazionali. Nonostante i progressi conseguiti, ci attendono ancora diverse sfide, sia sul fronte dello sviluppo di nuove molecole sempre più efficaci, maneggevoli e sicure, sia sul fronte dei diritti sociali, lavorativi ed economici dei pazienti che ANDeA è pronta
a intercettare per trovare risposte adeguate».

L’Associazione dei pazienti e le Società scientifiche di settore sollecitano le Istituzioni a porre in atto una serie di azioni strategiche e prioritarie, ancora oggi disattese, presentando una sorta di Manifesto delle istanze nel quale vengono segnalate in 6 punti le principali urgenze: riconoscimento della dermatite atopica come malattia cronica e invalidante, da inserire nel PNC e nei LEA per dare continuità, tutela e risposta terapeutica ai bisogni reali delle persone; istituzione di percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) uniformi e garantiti ovunque e centri di riferimento multidisciplinari; approccio terapeutico personalizzato; necessità di tutele economiche per pazienti e caregiver, affinché la cura non sia più un privilegio per pochi; promozione della formazione tra gli specialisti, i medici e pediatri di base; istituzione di una Giornata nazionale della dermatite atopica.

Conoscenza della malattia, visibilità dei pazienti, ascolto dei bisogni e risposte concrete: è l’unica strada da percorrere affinché chi convive con la dermatite atopica venga curato in modo rapido, appropriato, efficace ed equo.

La voce delle Società Scientifiche

Antonio Costanzo, Vicepresidente SIDeMaST – Società Italiana di Dermatologia
e Malattie Sessualmente Trasmesse

«La dermatite atopica è una delle condizioni più problematiche nei Paesi industrializzati, tanto che colpisce più del 20% dei bambini e oltre il 3% degli adulti. Si tratta di una malattia infiammatoria cronica recidivante della pelle, caratterizzata da forte prurito, sintomo cardine della malattia con un impatto significativo, a volte drammatico, sulla qualità di vita del paziente, ed eczema costituito da chiazze arrossate, formazione di vescicole ed essudato. Le lesioni a seguito del grattamento possono evolvere formando crosticine e ispessimento della pelle (lichenificazione). Le lesioni eczematose sono generalmente diffuse sul corpo, le sedi preferenziali sono viso, collo, torace, dorso delle mani, piedi, piega interna del gomito e piega posteriore delle ginocchia. I principali fattori di rischio sono la familiarità e una predisposizione genetica, in particolare riferita alla mutazione del gene della filaggrina. Tra i fattori che possono aggravare i sintomi ed esacerbare la malattia: la stagionalità e lo stress».

Cataldo Patruno, Presidente SIDAPA – Società Italiana di Dermatologia Allergologica Professionale e Ambientale

«La dermatite atopica è una malattia non di rado associata a comorbilità come asma e rinocongiuntivite. Il paziente atopico, quindi, è piuttosto complesso, poiché la presa in carico può
in alcuni casi coinvolgere diverse figure specialistiche; nella realtà italiana, tuttavia, non sempre questi professionisti lavorano in sinergia. Anche per la dermatite atopica, come per altre patologie croniche, sarebbe opportuno disporre di un percorso predefinito e preferenziale coordinato dal dermatologo che collabora con gli altri specialisti. Altra criticità riguarda alcuni test diagnostici. In alcuni casi, ad esempio, è necessario ricorrere al patch test che prevede il testaggio di allergeni che, per l’attuale normativa, sono considerati farmaci a tutti gli effetti. Purtroppo, allo stato attuale, non tutte queste sostanze hanno ricevuto l'autorizzazione all'immissione in commercio, di conseguenza alcune, soprattutto di più recente interesse, non possono essere testate e questo è un limite diagnostico».

Maria Mariano, Rappresentante ADOI – Associazione Dermatologi-Venereologi Ospedalieri Italiani e della Sanità Pubblica

«Lo scenario terapeutico attuale per la dermatite atopica è radicalmente cambiato in questi ultimi anni grazie all’arrivo di trattamenti innovativi che hanno di fatto rivoluzionato l’approccio a questa patologia. Attualmente, quindi, si può intervenire con farmaci mirati e selettivi, che vanno a colpire bersagli target coinvolti nei processi alla base della patologia. A differenza dei trattamenti classici, queste terapie possono offrire un mantenimento della risposta terapeutica nel tempo con un controllo della malattia a lungo termine: grazie a questi farmaci, l’ottenimento della cosiddetta minimal disease activity, o minima attività di patologia, è diventato un traguardo raggiungibile. Rendere più facili e rapidi i percorsi di accesso alle strutture dedicate, offrendo la possibilità di trattamenti adeguati ai pazienti che ne hanno necessità, significa assicurare un buon successo delle cure, con vantaggi sulla riduzione dei costi per ricoveri, recidive, complicanze e gestione quotidiana della patologia».

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