Tra le prime cause di morte nel mondo, le malattie cardiovascolari costituiscono una minaccia concreta per il 50,1% degli italiani tra i 40 e i 69 anni senza eventi cardiovascolari pregressi. Un numero importante, che arriva a costare 13,4 miliardi ogni anno alla sanità pubblica.
Secondo il Position Paper “Rischio cardio-metabolico in Italia: il ritorno economico di screening della popolazione” realizzato da TEHA Group, screening mirati e campagne di prevenzione sarebbero in grado di prevenire l’80% dei decessi, riducendo il burden sanitario e offrendo un ritorno economico positivo per il SSN.
Presentato a Roma durante l’incontro “La prevenzione cardio-metabolica nei soggetti a rischio medio-alto. Il ritorno economico di un programma di screening della popolazione”, il documento analizza l’impatto economico della prevenzione in ambito cardio-metabolico, determinante in termini di vite salvate e ottimizzazione della spesa pubblica.
L’impatto dei fattori di rischio: prevenire è meglio che curare
Come sottolineato da Claudio Borghi, Professore Ordinario di Medicina Interna presso l’Università degli Studi di Bologna e Componente del CdA dell’ISS, nel corso dell’incontro, «i fattori di rischio si aggregano nello stesso soggetto, facendo del rischio cardiovascolare una somma di determinanti» per questo, continua «serve una valutazione globale che sia al centro delle strategie di prevenzione».
In effetti, secondo gli ultimi dati del Progetto Cuore dell’ISS, il 98% della popolazione italiana di età compresa tra i 18 e i 69 anni presenta almeno un fattore di rischio tra ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, sedentarietà, fumo, eccesso ponderale, scarso consumo di frutta e verdura. Problematiche che, ha spiegato Riccardo Candido, Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi e della Federazione Società Diabetologiche Italiane, «sono presenti in cluster» e, come nel caso del diabete, presente nel 60% dei ricoverati per patologie cardiovascolari, «aumentano il rischio di multicronicità».
Rossana Bubbico, Senior Consultant della Practice Healthcare di TEHA Group, ha quindi ribadito l’importanza di un intervento sui fattori di rischio, ad oggi causa di 3 decessi su 4 per quanto riguarda le patologie cardio-metaboliche.
Se le terapie specifiche sono infatti decisamente efficaci e avanzate, in Italia, ha evidenziato Ciro Indolfi, Presidente della Federazione Italiana di Cardiologia, manca un piano strategico per la prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Il ritorno economico della prevenzione cardio-metabolica
Secondo la Senatrice Elena Murelli, intervenuta durante la presentazione, è necessario e possibile un cambio di mentalità a livello istituzionale. In questo senso, il New Economic Governance Framework dell’Unione Europea rappresenta uno strumento prezioso, in quanto promuove investimenti pubblici flessibili in settori prioritari come la sanità pubblica e la prevenzione sanitaria.
Secondo lo studio di TEHA, un piano di prevenzione dei rischi cardio-metabolici a cui aderisse il 40% della popolazione target, garantirebbe un ritorno netto di 0,4-0,8 euro per ogni euro investito. Se anche la percentuale dei partecipanti scendesse allo 0,3%, l’intervento risulterebbe comunque economicamente sostenibile.
Non sembrano quindi esserci dubbi sui vantaggi offerti dalla prevenzione delle malattie cardio-metaboliche, fondamentale a livello economico, sanitario e sociale.